venerdì 27 settembre 2013

Strange New Worlds
NOTIZIE SEMPRE AGGIORNATE DAL MONDO DEI PIANETI EXTRASOLARI

 

La teoria più accreditata che spiega la formazione dei pianeti è quella secondo cui questi corpi celesti si generano da uno o più collassi gravitazionali che si verificano all'interno di un disco protoplanetario in rotazione attorno alla protostella, nata anch'essa dal collasso centrale della medesima nube.
Ma cosa pensare quando si osservano pianeti che vagano solitari all'interno della Via Lattea? La teoria che fino ad ora andava per la maggiore era quella che li vedeva nascere come oggetti espulsi da 'normali' sistemi planetari pesantemente perturbati gravitazionalmente o troppo affollati perchè la gravità sistemasse ogni protopianeta su un orbita stabile.
Ciò che è stato scoperto di recente ha offerto una nuova ed affascinante finestra sulla formazione dei pianeti erranti, una spiegazione compatibile con l'alto numero di pianeti solitari scoperti ed osservati e con l'enorme numero che statisticamente dovrebbe esistere attualmente all'interno della nostra galassia : ben 200 miliardi di pianeti vaganti!

Osservazioni congiunte del radiotelescopio svedese di Onsala e dei telescopi cileni APEX e New Technology Telescope (NTT) dell'ESO hanno scandagliato in profondità la nebulosa Rosetta, un oggetto distante circa 4600 anni luce dalla Terra in direzione della costellazione dell'Unicorno.
In particolare le osservazioni hanno approfondito la conoscenza di numerose piccole nebulose oscure che si possono osservare all'interno di questa affascinante nebulosa. L'attenzione degli astronomi si è concentrata in particolare sulle più piccole che possiedono un diametro di circa 1500 UA (circa 50 volte la distanza Sole-Nettuno) ed una massa ridotta, stimata tra le 50 e le 500 masse gioviane. Queste piccole nebulose oscure sono state battezzate 'globulettes' e ve ne sono a decine nella zona osservata in dettaglio dai telescopi.


Le globulettes sono per l'appunto globuli di materiale particolarmente compatto: un nucleo marcatamente più denso e uno strato superficiale più rarefatto; proprio questa caratteristica, unita alla loro massa e densità, ha portato gli astronomi ad ipotizzare una loro responsabilità nella formazione dei pianeti erranti. Un ulteriore punto a favore di questa teoria risulta essere quello legato alla velocità e alla direzione di queste globulettes: 80.000 km/h verso l'esterno della nebulosa. Questa condizione è il risultato dell'azione della pressione di radiazione delle stelle calde poste all'interno della Rosetta che hanno modellato, eroso e dissolto in globuli le originarie colonne di gas e polveri, luoghi di formazione delle globulettes.
Dunque se queste piccole 'isolette' di materiale che viaggiano a grande velocità verso l'esterno della nebulosa hanno una massa tale da poter generare pianeti (o nane brune), le evidenze osservative si conciliano bene con quanto osservato da anni: pianeti e nane brune solitari che vagano a grande velocità all'interno della galassia. Si attendono ora indagini ed osservazioni più approfondite col potente radiotelescopio ALMA.

Fonte:
http://www.aanda.org/articles/aa/abs/2013/07/aa21547-13/aa21547-13.html
http://arxiv.org/pdf/1305.2485.pdf

12.7.13

HD 189733 b: UN MONDO BLU COBALTO

Nell'avvincente caccia ai pianeti extrasolari, soprattutto quando si cercano pianeti gemelli della Terra, si tende spesso a concentrarsi solamente sui dati orbitali e sulla composizione chimica del pianeta tralasciando l'aspetto più poetico tra tutti: l'aspetto.
Con l'attuale strumentazione professionale non è possibile risolvere i lontanissimi pianeti extrasolari ed apprezzarne i dettagli superficiali o atmosferici, cosa invece possibile quando osserviamo attraverso un telescopio (anche amatoriale) i pianeti del nostro sistema solare, immensamente più vicini. Non essendo in grado di osservare direttamente l'aspetto di questi mondi, possiamo solo indirettamente ricostruirlo tramite l'unico messaggero che ci giunge direttamente da quei pianeti: la loro luce.
Immagine centrata sulla stella HD 189733
Il pianeta in questione è HD 189733b ed situato a soli 63 anni luce dalla Terra. Si tratta di un gigante gassoso, orbitante molto vicino alla sua coppia di soli, che presenta condizioni atmosferiche a dir poco proibitive: temperatura infernale (circa 1000°C) e venti supersonici a 7000 km /h.
Già l'11 dicembre 2007 era stata annunciata la scoperta di velature nella sua atmosfera, mentre il 28 giugno 2012 era stato reso noto che l'alta atmosfera del pianeta stava evaporando a seguito di un imponente flare della sua stella. Ma la nota 'estetica' è giunta solo ora.
Immagine verosimile di come apparirebbe HD 189733b


Il primo passo per arrivare a comprendere il vero aspetto, e quindi il colore reale, del pianeta è quello di rilevare la luce riflessa dal pianeta. Per fare ciò il team di astronomi ha misurato l'ammontare di luce dell'intero sistema prima, durante e dopo il transito del pianeta. Si è visto quindi che quando il pianeta passa dietro la coppia di stelle la luminosità complessiva del sistema cala di una piccolissima percentuale. Ciò avviene in quanto viene a mancare il contributo luminoso del pianeta dato dalla luce da esso riflessa.
La cosa interessante è che i dati raccolti dalla curva di luce (grafico che evidenzia la quantità e la variazione di luce emessa da un oggetto col passare del tempo) di HD 189733 permettono anche di apprezzare anche la variazione del colore della luce rilevata. E' stato visto che in tutte le fasi dell'orbita, tranne quando il pianeta è eclissato dalla coppia di stelle, il segnale è costantemente piccato nella regione blu dello spettro. Al momento del transito dietro le stelle il 'segnale blu' si interrompe generando la prova inconfutabile della natura planetaria e blu del segnale.
Dunque il pianeta HD 189733b apparirebbe all'occhio umano come un mondo blu, del tutto simile alla Terra vista dallo spazio. Ricordiamo la famosa 'foto di gruppo' scattata della sonda Voyager 1 ormai ai confini della regione planetaria del nostro sistema solare in cui la Terra era visibile solo come 'a pale blue dot', come la definì Carl Sagan.

Ecco la famosissima immagine 'Pale blue dot' scattata dalla sonda Voyager 1.

Il colore blu della Terra è conferito dagli oceani che assorbono le frequenze rosse e verdi della luce e riflettono quelle blu, unito alla diffusione della luce blu da parte delle molecole di ossigeno ed azoto presenti in grandissima quantità nella nostra atmosfera. Invece il colore blu di HD 189733b è dovuto alla turbolenta e velata atmosfera del pianeta. Si crede che questo effetto sia dovuto alla presenza di particelle di silicati in sospensione, responsabili dello scattering della luce blu. Se la presenza di queste particelle fosse confermata significherebbe che con ogni probabilità potrebbero verificarsi piogge di vetro fuso o permarrebbero in sospensione nell'atmosfera particelle di vetro.
Quando vennero scoperte velature nella sua atmosfera si fece riferimento ai tramonti rossi che si potrebbero apprezzare su quel pianeta. Ciò ha senso anche alla luce della scoperta che il pianeta ha un colore marcatamente blu: la luce rossa che attraversa l'atmosfera viene assorbita dal sodio e viene arrossata grazie allo scattering del pulviscolo atmosferico. E' la luce riflessa dal pianeta nello spazio ad essere blu, non quella rifratta attraverso la sua atmosfera.
Un altro importantissimo balzo in avanti nella caratterizzazione dei pianeti extrasolari.


Articolo

30.6.13

COLPO GROSSO SU GLIESE 667C : TRE PIANETI ABITABILI!

Oggi conosciamo quasi un migliaio di mondi extrasolari sparsi entro un cubo di qualche migliaio di anni luce di lato. La cosa paradossale è che le novità più intriganti e le scoperte più avvincenti sono state compiute praticamente nel giardino di casa, ovvero entro qualche decina di anni luce dal nostro Sole. La scoperta di cui parliamo in questo articolo non fa eccezione!

Parliamo del sistema planetario presente attorno al sistema multiplo Gliese 667, a circa 22 anni luce da casa nostra nella costellazione dello scorpione.
Il sistema è composto da una coppia di stelle di sequenza principale, separate da una distanza variabile tra le 5 e le 20 UA, attorno alla quale orbita una piccola nana rossa ad una distanza variabile tra le 56 e le 215 UA.
La coppia è composta dalle due nane arancioni Gliese 667 A e Gliese 667 B. La stella A possiede massa e dimensioni pari a 3/4 di quelle del Sole ed una luminosità pari al 13% di quella solare, mentre la stella B presenta una massa pari al 65% di quella solare racchiusa in un diametro pari a metà di quello solare ed una luminosità pari solo al 5% di quella del nostro Sole. La nana rossa C possiede 1/3 della massa del Sole, 1/5 del suo diametro ed una luminosità pari all' 1.4% di quella solare.
Proprio la nana rossa Gliese 667 C possiede un sistema planetario con ben 3 pianeti ( b, c, d ) posti nella relativa zona abitabile. L'intero sistema comprenderebbe 5 pianeti confermati (b, c, d, e, f ) e due ancora in attesa di ulteriori studi (g, h).
Come accennato, Gliese 667 Cc, Gliese 667 Cf e Gliese 667 Ce sono i pianeti che risultano inclusi nella zona di abitabilità della stella, ovvero quella fascia posta alla distanza giusta dalla stella per consentire la presenza di acqua liquida in superficie ed eventualmente la vita come la conosciamo sulla Terra.

E' la prima volta che in un sistema planetario si scoprono ben 3 pianeti all'interno di questa preziosa zona. A rincarare le notizie positive è il fatto che si tratti di super-Terre, cioè pianeti rocciosi di taglia all'incirca simile alla nostra Terra.

Il più interno tra i pianeti 'abitabili' è Gliese 667 Cc. Presenta una massa pari a circa 4 volte e mezzo quella della Terra ed il suo anno dura poco più di 28 giorni. Il pianeta riceve il 90% della radiazione che riceve la Terra dal Sole ma, essendo l'emissione della stella concentrata principalmente nell'infrarosso, l'energia assorbita è maggiore portando la temperatura media a 27°C (a patto che il pianeta possegga un'atmosfera simile a quella terrestre), ben 9 grandi in più della temperatura media terrestre rilevata dallo spazio. Se sul pianeta è presente acqua, essa sarebbe sicuramente in forma liquida a queste temperature.

Da uno di questi pianeti, i due soli apparirebbero come due stelle luminose anche durante il dì mentre di notte i due astri sarebbero luminosi quanto la Luna piena.
Gli astronomi già conoscevano 3 pianeti attorno a questo sistema di stelle, ma una nuova analisi dei dati esistenti combinati con nuove osservazioni ha permesso la scoperta di nuovi ulteriori pianeti. Tranne il pianeta più esterno ('h'), l'intero sistema è contenuto all'interno dell'orbita di Mercurio rendendolo di fatto uno dei sistemi più compatti oggi conosciuti.

Articolo qui



14.6.13

GJ 3470b : UNA SUPER-TERRA SOLEGGIATA E CON TANTA ATMOSFERA

Un team di astronomi giapponesi ha rilevato e studiato l'atmosfera del pianeta GJ 3470b, scoperto col metodo del transito nel 2012, usando due telescopi dell'OAO (Okayama Astronomical Observatory).
La chiave di questa nuova ed importantissima scoperta sta proprio nel transito osservato in 4 colori, dal visibile al vicino infrarosso.
Gli astronomi sono riusciti a calcolare il raggio del pianeta nei rispettivi 4 colori, scoprendo che nell'infrarosso ( alla lunghezza d'onda di 1.3 micron) era il 6% più piccolo di quello che il pianeta mostrava in luce visibile.

Quasi sicuramente la differenza tra il raggio rilevato nel visibile e quello rilevato nell'infrarosso è causata dalla presenza di un'atmosfera molto spessa: quando infatti la luce della stella attraversa l'atmosfera del pianeta in transito viene in parte assorbita ed in parte diffusa mostrando una marcata differenza se osservata in diverse lunghezze d'onda (differenza generata dai componenti chimici dell'atmosfera).
Ciò che ha reso possibile il difficilissimo compito della stima del raggio del pianeta è la fortunata combinazione di due fattori fondamentali: la piccola taglia della stella ( circa metà della massa e delle dimensioni del Sole) e le grandi dimensioni del pianeta. Con questa configurazione il calo di luce derivante dal transito è marcato e dunque facilmente rilevabile e misurabile.
Il raggio planetario calcolato nell'infrarosso è stato stimato in 4.3 raggi terrestri; il dato del raggio unito alla stima della massa mostra che il pianeta deve possedere una gran quantità di atmosfera.
Supponendo che sia composta da idrogeno ed elio è stato calcolato che l'atmosfera del pianeta costituirebbe dal 5 al 20% dell'intera massa di GJ3470b, moltissimo se consideriamo che l'atmosfera terrestre costituisce solo lo 0.0001% in massa del nostro pianeta.
Si può anche affermare con certezza che l'atmosfera di questo pianeta risulta priva di grandi sistemi nuvolosi: ciò è stato evidenziato dalle differenti misure del raggio in base al colore con cui si osservava il pianeta. Se le nuvole avessero ricoperto il pianeta non ci sarebbero state differenze dipendenti dal colore con cui le si osservava.

Il team di astronomi autore della scoperta ha utilizzato un telescopio da 188 cm per condurre questi studi e intende indagare più a fondo utilizzando telescopi con aperture più grandi, come il telescopio Subaru o altri.
E' interessante notare come questa scoperta sia stata fatta su un pianeta che orbita assai vicino alla sua stella, 1/28 della distanza Terra-Sole, in soli 3.3 giorni terrestri. Lo studio della composizione atmosferica di questo pianeta è molto promettente grazie alla mancanza dell'interferenza causata dalla presenza di spesse nubi nella sua atmosfera.
Lo studio della chimica di questo pianeta e della sua atmosfera potrebbe dare anche importantissime risposte nell'ambito degli studi sulla migrazione planetaria all'interno dei sistemi.
Se scoprissimo metano o acqua sarebbe la possibile prova di un'origine più lontana del pianeta dalla sua stella (dove metano e acqua sono più abbondanti e possono ghiacciare), su un'orbita più ampia decaduta in seguito, provando una migrazione del pianeta verso l'interno del sistema. Al contrario, l'eventuale assenza di queste sostanze sarebbe una possibile prova della sua formazione nelle immediate vicinanze della stella, alimentando ancora una volta il dibattito sulla dinamica delle migrazioni dei pianeti.

4.6.13

PROXIMA CENTAURI: CACCIA AI PIANETI

Ricorderete tutti l'annuncio epocale che nell'ottobre scorso fece esultare i cacciatori di esopianeti di tutto il mondo: era stato scovato un pianeta attorno al sistema stellare più vicino al nostro Sole (Alfa Centauri,4.366 ± 0.007 anni luce dal Sole)
. Generazioni di astronomi cercarono per decenni senza successo un pianeta in quel sistema, ma alla fine venne rilevato. Venne scoperto un rovente pianeta di taglia terrestre, ma anche se non ospitale per la vita si trattò pur sempre una scoperta storica con implicazioni importantissime per il futuro dell'esplorazione dello spazio profondo.

La cosa interessante è che il sistema denominato Alfa Centauri è costituito da tre stelle : Alfa Centauri A, Alfa Centauri B e Proxima Centauri. Il pianeta, denominato Alfa Centauri Bb, ruota attorno alla componente B del sistema. Le componenti A e B ( di tipo solare) sono organizzate in una coppia attorno alla quale, a grandissima distanza (ben 0,23 a.l. ovvero circa 15.000 UA) ruota la terza componente nota come Proxima Centauri.
Hubble ha già sondato lo spazio nei pressi di Proxima Centauri senza successo. Ma gli astronomi sono convinti (...e si augurano) che qualcosa ci sia ed intendono vederci il più chiaro possibile.

Nell'ottobre del 2014 e nel febbraio del 2016 si creeranno le condizioni ottimali per poter sfruttare un evento tanto raro quanto potente per scovare pianeti extrasolari.
Si tratta della tecnica nota come microlensing gravitazionale. Questa tecnica sfrutta la curvatura della luce proveniente da una sorgente lontana ad opera di una grande concentrazione di massa a patto che la sorgente lontana e la massa perturbante siano prospetticamente allineati lungo la linea di vista dell'osservatore: in questo caso la luce della stella sullo sfondo sarà deviata da Proxima grazie al loro allineamento prospettico. L'immagine della stella sullo sfondo può essere distorta, amplificata o moltiplicata a seconda del tipo di allineamento. L'allineamento può durare da qualche ora a qualche giorno ed è irripetibile a causa della casualità dell'evento; da qui l'importanza di farsi trovare preparati. Considerando il grado di curvatura della luce sarà possibile determinare con grande precisione la massa di Proxima, la sua composizione superficiale, il diametro, la luminosità intrinseca e l'età.

Immagini delle stelle sullo sfondo ( 'alle spalle' di Proxima) verranno raccolte da Hubble prima e durante l'evento in modo da poter misurare l'entità del loro spostamento durante l'evento, rispetto alla loro reale posizione in condizioni normali. L'entità di questo spostamento sarà una misura diretta del campo gravitazionale di Proxima. Se attorno a Proxima orbitano dei pianeti, anche di piccola taglia, la loro presenza sarebbe notata come un ulteriore leggero spostamento delle stelle sullo sfondo.
Un ulteriore aspetto che rende Proxima degna di una ricerca accanita di pianeti è la sua condizione. Si tratta infatti di una nana rossa, la tipologia di stella che costituisce quasi il 70% delle stelle della nostra galassia; inoltre le nane rosse sono stelle di piccola taglia che producono piccoli pianeti e sono moltissimi i pianeti scoperti attorno a questo tipo di stella. La speranza è quella di trovare un pianeta di taglia terrestre attorno a Proxima. Non rimane che aspettare.

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