martedì 24 settembre 2013

100 domande sul pianeta Terra
| Il pianeta | L'atmosfera | Dentro la Terra | La superficie | Misurare la Terra |

100 domande sul pianeta Terra
| Il pianeta | L'atmosfera | Dentro la Terra | La superficie | Misurare la Terra |

 

 

Rapporti tra Islanda e Africa

 

Lo sviluppo della teoria della deriva dei continenti e la conseguente teoria della "tettonica a placche" hanno radici molto profonde nel passato.

Nel 1620, l'astronomo Sir Francis Bacon, scrisse di una sorprendente conformità dei margini continentali che si presentava da entrambi i lati dell’Oceano Atlantico, concludendo che i due continenti erano come le tessere di un puzzle, un tempo assemblate ma che in un qualche modo si erano successivamente smembrate ed allontanate.

Nel 1858, un altro studioso, Antonio Snider-Pellegrini, pubblicò un libro ("La création et ses mystéres dévoilés") che includeva una mappa in cui l’America e l’Africa erano unite. Per la prima volta, su basi scientifiche, Snider suggerì l’ipotesi che un tempo l’Europa e le Americhe avessero fatto parte di un unico continente; egli aveva studiato fossili di alcune piante vissute 300.000 anni prima ed aveva notato una certa somiglianza tra quelli rinvenuti in entrambi i continenti.

Nel 1885, un geologo austriaco di nome Edward Suess fornì ulteriori prove alla teoria sviluppata da Francis Bacon, attraverso l’analisi di fossili e suggerì che i continenti dell’emisfero Sud un tempo dovevano essere stati uniti, poiché riportavano delle similitudini per quanto riguardava i fossili rinvenuti; egli parlò di un unico grande ammasso di terra che chiamò Gondwana.

Dato che, sia Bacon che Suess non seppero spiegare il meccanismo che portò allo smembramento della massa di terra, la comunità scientifica non prese seriamente in considerazione le loro teorie.

Nel 1912, Alfred Wegener propose una nuova ipotesi che tentasse di spiegare il movimento e la separazione delle masse di terra: la teoria della deriva dei continenti.

Secondo lo scienziato tedesco, fino a 200 milioni di anni fa esisteva un unico grande continente: la Pangea, circondato da un unico grande oceano: la Pantalassa.

Wegener ricostruì la Pangea accostando fra loro le sagome dei continenti.

Secondo la sua teoria, 220 - 200 milioni di anni fa, il grande continente Pangea cominciò a lacerarsi, seguendo un movimento distensivo che si protrasse per qualche decina di milioni di anni, in due blocchi chiamati rispettivamente Laurasia (formato da Europa, Asia e America settentrionale) e Gondwana (costituito da America meridionale e Africa), separati da un oceano chiamato Tetide. A partire da questa primordiale scissione, la Laurasia andò alla deriva verso Nord, mentre il blocco Africa-America del Sud si staccò dal blocco Australia-Antartide.

Intorno a 190 milioni di anni fa, un evento simile a quello che aveva diviso in due la Pangea, interessò una zona del continente Gondwana e intorno a 80 milioni di anni fa, la frattura che aveva originato l'Atlantico meridionale cominciò a propagarsi anche verso Nord. Il continente settentrionale venne diviso in due blocchi: il Nord-America e l'Eurasia e fra i due continenti si aprì l'Atlantico settentrionale.

Intorno a 60 milioni di anni fa, i due continenti si ritrovano nuovamente di fronte e nelle successive decine di milioni di anni, la Tetide venne inesorabilmente compressa tra i due continenti.

In aggiunta all’osservazione della possibilità di incastro tra i continenti scoperta da Bacon ed alla distribuzione dei fossili scoperta da Suess, Wegener basò la sua teoria su una sequenza di rocce simile rilevata in diversi luoghi, sui cambiamenti climatici avvenuti nel passato e sullo spostamento delle regioni polari della Terra.

Al contrario dei suoi predecessori, Wegener propose anche un meccanismo che supportasse la sua teoria della deriva dei continenti, individuando nella rotazione terrestre la causa del movimento delle masse di terre, le quali avanzavano attraverso la placca oceanica originando montagne sui loro margini.

I geologi, a quel tempo, conoscevano la solidità delle rocce abbastanza da comprendere che questa supposizione fosse inverosimile, soprattutto perché mancavano segni evidenti, quali scie o spazi sul fondale oceanico, del movimento dei continenti.

Inoltre, la considerazione della composizione del mantello, visto come un conglomerato di rocce che reggeva la crosta soprastante, costituì un grosso problema per l’accettazione della teoria di Wegener, poiché in questo caso il movimento di deriva non risultava possibile.

Con l’aiuto delle onde sismiche, gli scienziati compresero che il mantello non era costituito da roccia solida e che, dunque, poteva muoversi e nel 1928, Arthur Holmes propose un meccanismo che consentiva il movimento dei continenti a seguito di questa nuova scoperta.

Egli ipotizzò che il calore intrappolato nella Terra originasse delle correnti convettive, vale a dire aree dove i fluidi al di sotto della crosta terrestre ascendono, si spostano lateralmente e discendono; le correnti ascenderebbero sotto i continenti, si espanderebbero ed infine discenderebbero sotto gli oceani.

Sfortunatamente Wegener morì nel 1930 e non ebbe l’opportunità di adattare la teoria sviluppata da Holmes alle sue idee sulla deriva dei continenti ma nonostante tutto la sua teoria e le prove da lui apportate non furono completamente abbandonate nemmeno a seguito della sua morte e per i successivi 40 anni l'idea della deriva dei continenti fu oggetto di un "caldo" dibattito.

Gli scienziati, osservando i cambiamenti climatici, i movimenti dei ghiacciai ed i reperti fossili, non potevano ignorare, infatti, la possibilità dell'esistenza di una Pangea.

Nel 1935 uno scienziato giapponese, Kiyoo Wadati, affermò che i terremoti ed i vulcani situati vicino al Giappone avrebbero potuto essere correlati alla deriva dei continenti.

Nel 1940, anche Hugo Benioff credette nella supposizione di Wadati e tracciò la posizione dei sismi profondi ai margini dell'Oceano Pacifico. La sua carta indica una catena di sismi che oggi è conosciuta come "Anello di fuoco del Pacifico" ed a partire da essa gli scienziati hanno tracciato la distribuzione dei vulcani e dei sismi nel mondo.

L’analisi sistematica dei sismi profondi permise di comprendere che essi non avvenivano casualmente sopra la superficie terrestre ma erano concentrati lungo vere e proprie linee, localizzate sulla crosta terrestre e corrispondenti al sistema mondiale delle dorsali e delle fosse oceaniche.

Il fatto che la distribuzione dei sismi e dei vulcani fosse simile al sistema di dorsali, indicò a Benioff che la litosfera terrestre era divisa in sezioni.

Nel 1962, Harry Hess propose un'idea radicale per spiegare la topografia del fondale oceanico e l'attività che esiste lungo le dorsali e le fosse, suggerendo che nuova crosta oceanica si origina dalle rift (spaccature) delle dorsali oceaniche ed il fondale e la roccia sottostante sono formati proprio dal magma che risale dalle profondità della Terra. Questo spiegherebbe perché il sistema della dorsale è composto da rocce basaltiche, ovvero da rocce di origine vulcanica.

Hess propose inoltre che il fondale muovendosi lateralmente si allontana dalla dorsale e sprofonda in una fossa lungo il margine del continente; per esempio la crosta originatasi dalla East Pacific Rise, una dorsale oceanica presente nel Pacifico orientale, affonda nella fossa adiacente alle Ande nel lato occidentale del Sud America.

Nel modello di Hess, le correnti convettive nell'astenosfera spingono il fondale oceanico dalle dorsali alle fosse; tuttavia queste correnti dovrebbero spostare anche i continenti poiché sia i continenti sia l'oceano fanno parte della stessa litosfera.

La teoria dell'espansione dei fondali sviluppata da Hess ebbe successo dove Wegener fallì. Non si pensò più che i continenti attraversassero la crosta oceanica ma furono considerati parte di placche che si muovono sulla "soffice" e plastica astenosfera. Inoltre il movimento di allontanamento del fondale dalla dorsale, contribuì anche a spiegare la distribuzione dei sismi e dei vulcani scoperta da Wadati e Benioff, infatti, quando la litosfera sprofonda a livello delle fosse nell'astenosfera, si originano sismi e vulcani poiché le placche oceaniche dense (fatte da rocce basaltiche) vengono spinte sotto le placche continentali meno dense (fatte di rocce costituite per lo più di materiale granitico). L'immersione delle placche di subduzione, motiva la distribuzione dei sismi e dei terremoti.

Nel 1965, le idee della deriva dei continenti e dell'espansione dei fondali furono integrate nel concetto di Tettonica a placche da Tuzo Wilson.

La tettonica divide lo strato superficiale della Terra in dodici placche litosferiche distinte, ognuna di circa 45-65 miglia.

Queste placche fluttuano sulla sottostante astenosfera che, riscaldata dall'interno della Terra e divenuta plastica, si espande, diventa meno densa e si solleva. Incontrando la litosfera devia e trascina le placche lateralmente finché si raffredda e si condensa deviando nuovamente per completare il ciclo.

Il movimento della placca è lento in termini di anni umani: circa 2 cm all'anno. Le placche interagiscono allontanandosi una dall'altra, scorrendo lateralmente o convergendo, cosa che comporta che una placca venga spinta sotto l'altra, oppure si corrugano dando origine a catene montuose.

La teoria della tettonica a placche doveva essere verificata affinché venisse accettata dalla comunità scientifica. La prova che il fondale oceanico si espandesse arrivò dal rilevamento di particolari disegni magnetici e nel 1963 Fred Vine e Drummond Matthews svilupparono una teoria per spiegare il pattern zebrato delle anomalie magnetiche.

Proposero che i minerali ferrosi contenuti nella lava, eruttata in diversi momenti lungo la rift della dorsale, conservassero e registrassero in modo permanente le caratteristiche che il campo magnetico presentava in quel momento ed in quel luogo; ad esempio la lava eruttata quando il Polo Nord si trovava nell'emisfero Nord, riportava una polarità positiva, al contrario, lava eruttata quando il Nord magnetico era nell'emisfero Sud riportava una polarità negativa.

Vine e Matthews proposero che la lava eruttata sul fondale oceanico in modo simmetrico rispetto alla rift, si solidificasse e si allontanasse prima che venisse eruttata nuova lava. Se il campo magnetico si è invertito nel tempo intercorso tra le due eruzioni, le due colate di lava daranno origine ad una serie di bande parallele caratterizzate da proprietà magnetiche differenti.

L'abilità di Vine e Matthews nello spiegare il pattern delle anomalie magnetiche del fondale fornì la prova che il fondale si espandeva dalle dorsali.

2. LE PROVE SCIENTIFICHE A SOSTEGNO DELLA TEORIA DELLA TETTONICA A PLACCHE

 

Torna all'indice

Dopo la morte di Wegener, si aggiunsero molte nuove prove che fecero riaccendere il dibattito sulle sue provocanti idee e sulle loro conseguenze. In particolare quattro eventi scientifici portarono alla formulazione della teoria della tettonica a placche:

  • la dimostrazione del fatto che i fondali oceanici non fossero piatti ma presentassero delle irregolarità e fossero geologicamente giovani,
  • una precisa documentazione attestante che l’attività sismica e vulcanica della Terra è concentrata lungo le fosse oceaniche e le catene montuose sottomarine,
  • le conferme di ripetute inversioni del campo magnetico nel passato geologico, registrate sui fondali oceanici,
  • l’emergere dell’ipotesi di un’espansione dei fondali oceanici associato al "riciclo" della crosta.



2.1 La cartografia dei fondali oceanici


Data la vastità dei bacini oceanici sul nostro pianeta (la superficie terrestre è per i 2/3 sommersa dagli oceani), il loro studio e la loro esplorazione ha da sempre suscitato interesse e curiosità.
Prima del XIX secolo, la profondità dell’oceano era un problema diffuso ed era comune l’idea che il fondo oceanico fosse per lo più piatto. Tuttavia già prima del XVI secolo, alcuni navigatori, scandagliando con sonde manuali, rilevarono che l’oceano presentava diverse profondità, dimostrando così che esso non era così piatto come si credesse.
L’esplorazione oceanica nei secoli successivi incrementò enormemente la conoscenza dei fondali; oggi si conosce chiaramente il legame (diretto o indiretto) che intercorre tra i processi superficiali e la dinamica dei fondali oceanici.
Ulteriori misurazioni "moderne" delle profondità oceaniche avvennero nel XIX secolo, quando furono effettuati periodicamente dei rilevamenti batimetrici nell’Atlantico ed ai Caraibi.
Nel 1885, una carta batimetrica pubblicata dal tenente di vascello Matthew Maury della Marina americana, rivelò, per la prima volta, la presenza di montagne sottomarine, chiamate Middle Ground, nell’Atlantico Centrale. Questo fatto fu confermato più tardi dai rilevamenti effettuati da navi addette alla posa di cavi telefonici nell’Atlantico.
L’ immagine del fondale oceanico si ampliò enormemente dopo la I Guerra Mondiale (1914-1918) quando i sistemi di eco-scandaglio (sistemi primitivi di sonar) iniziarono a misurare le profondità oceaniche, registrando il tempo impiegato da un segnale sonoro (in genere un "impulso" generato elettricamente), emesso da una nave, a rimbalzare sul fondo ed a tornare indietro.
I grafici del tempo di ritorno dei segnali evidenziarono che il fondale era più irregolare di quanto si pensasse e mostrarono chiaramente la continuità e la scabrosità delle catene montuose sottomarine presenti nell’Atlantico Centrale (denominate più tardi Dorsale Medio Oceanica) individuate precedentemente dalle prime misurazioni batimetriche.
Nel 1947, i sismologi salpati sulla nave americana Atlantis, scoprirono che lo strato di sedimenti depositati sul fondo dell’Atlantico era molto più sottile di quanto inizialmente si fosse pensato.
In effetti era condiviso da tutti gli scienziati che l’età degli oceani fosse almeno quattro miliardi di anni, quindi lo spessore dello strato di sedimenti avrebbe dovuto essere molto elevato. La risposta al perché vi fosse un così piccolo accumulo di rocce sedimentarie e detriti deposto sul fondo, arrivò a seguito di ulteriori esplorazioni e divenne essenziale per avanzare il concetto di tettonica a placche.
Negli anni ’50, l’esplorazione degli oceani si sviluppò notevolmente ed i dati raccolti dalle osservazioni oceanografiche condotte da molte nazioni, portarono alla scoperta di una grande catena montuosa posta sul fondo dell’oceano che cingeva la Terra.
Denominata "Dorsale medio-oceanica globale" questa immensa catena montuosa sottomarina (più di 50.000 Km in lunghezza e, in alcuni punti, più di 8.000 Km in larghezza) ha un andamento a zigzag tra i continenti e percorre il globo in modo simile alle cuciture di una palla da baseball. Sollevandosi in media circa 4.500 m sopra il fondo oceanico, sebbene nascosta sotto la superficie dell’oceano, essa rappresenta l’aspetto topografico più prominente di tutta la superficie del nostro Pianeta.

2.2 La concentrazione dei sismi


Durante il XX secolo, lo sviluppo di strumentazioni sismiche e l'uso mondiale di strumenti per la registrazione dei terremoti (sismografi), consentirono agli scienziati di osservare che i terremoti tendono ad essere concentrati in certe aree, in prevalenza lungo le fosse oceaniche e le dorsali in espansione.
Alla fine del 1920, i sismologi cominciarono ad identificare numerose zone ad intensa attività sismica che scorrono per numerosi Km all’interno della Terra e sono poste parallelamente alle fosse, inclinate di 40-60° rispetto all’orizzontale.
Queste zone più tardi divennero note come zone di Benioff-Wadati o più semplicemente zone Benioff in onore dei sismologi che per primi le rilevarono.

Lo studio della sismicità globale si ampliò enormemente negli anni ’60 con la nascita del Worldwide Standardized Seismograph Network (WWSSN, Sistema Sismografico Standardizzato Mondiale) per sorvegliare l’osservanza del patto del 1963, che proibiva di testare le armi nucleari nel sottosuolo.
I numerosi dati registrati dagli strumenti del WWSSN, permisero ai sismologi di rilevare precisamente le zone di concentrazione dei terremoti. Il riconoscere l’esistenza della connessione tra i terremoti e le fosse oceaniche e le dorsali, fornì la conferma dell’ipotesi dell’espansione dei fondali, individuando esattamente le zone dove Hess aveva supposto che la crosta oceanica sarebbe stata prodotta (dorsali) e le zone dove la litosfera oceanica sarebbe sprofondata nel mantello (fosse).

2.3 Bande magnetiche e inversione delle polarità

Agli inizi degli anni ’50, gli scienziati, usando strumenti magnetici (magnetometri) adattati dalle strumentazioni di volo sviluppate durante la II Guerra Mondiale per intercettare i sottomarini, iniziarono a rilevare strane variazioni magnetiche lungo il fondale oceanico.
Questa scoperta, sebbene inaspettata, non fu del tutto sorprendente perché tale distorsione era già stata rilevata dalla Marina islandese molto prima del XVIII secolo e perché era noto che il basalto (la roccia vulcanica ricca di ferro che costituisce il fondale oceanico) contenesse un minerale fortemente magnetico (magnetite), responsabile di falsare localmente la lettura della bussola.
La presenza di magnetite conferisce infatti al basalto proprietà magnetiche misurabili, la riscoperta delle quali fornì un nuovo strumento utile per lo studio dei fondali oceanici.
All’inizio del XX secolo, i paleomagnetologi (coloro che studiano i vecchi campi magnetici della Terra), come Bernard Brunhens in Francia (1906) e Motonari Matuyama in Giappone (nel 1920), osservarono che è possibile dividere le rocce in due gruppi in base alle loro proprietà magnetiche. Un primo gruppo è stato denominato "a polarità normale" ed è caratterizzato da minerali magnetici che nella roccia hanno la stessa polarità di quella dell’attuale campo magnetico terrestre; il secondo gruppo è caratterizzato da una "polarità inversa" indicata da un allineamento polare opposto rispetto a quello attuale.
La risposta a come ciò possa avvenire si trova nella magnetite contenuta nelle rocce vulcaniche: i granuli di magnetite, che si comportano come piccoli magneti, possono allinearsi secondo l’orientamento del campo magnetico terrestre. Quando il magma si raffredda originando rocce vulcaniche solide, l’allineamento dei granuli di magnetite viene immobilizzato, registrando così l’orientamento o polarità magnetica (diretta o inversa) della Terra al momento del consolidamento della roccia.

Nel 1950, mentre si proseguiva la cartografia dell'oceano, si scoprì che le inversioni magnetiche non erano fatti casuali o episodi isolati, ma il fondo oceanico risultò avere un disegno zebrato, ovvero bande alternate di rocce differenti dal punto di vista del magnetismo registrato erano disposte in file da ogni lato della dorsale oceanica: una banda presentava una polarità normale e la banda adiacente polarità inversa. Il disegno risultante, definito da queste bande di rocce alternate presentanti polarità diretta o inversa, divenne noto come "pattern zebrato".

2.4 Espansione dei fondali e riciclo della crosta oceanica

La scoperta delle bande magnetiche naturalmente fece sorgere molte domande sull'origine del "pattern zebrato" e sulle cause che determinano la loro disposizione in modo simmetrico attorno alle creste delle dorsali oceaniche. A queste domande non è possibile dare una risposta senza conoscere la causa dell’esistenza di queste dorsali.
Nel 1961, gli scienziati iniziarono ad affermare che le dorsali oceaniche individuavano zone a struttura debole, dove il pavimento oceanico si stava spaccando in due secondo un asse longitudinale, ovvero lungo la cresta delle dorsali. Nuovo magma, dalle profondità della Terra, fuoriusciva facilmente attraverso queste zone deboli ed eruttava lungo le creste delle dorsali formando nuova crosta oceanica. Questo processo, che fu in seguito chiamato "espansione dei fondali oceanici", era, secondo gli scienziati, attivo da molti milioni di anni ed aveva costruito il sistema lungo 50.000 Km della dorsale oceanica. Le prove a supporto di tale ipotesi erano le seguenti:
  • sulla cresta della dorsale o vicino ad essa, le rocce sono molto giovani e diventano progressivamente più vecchie allontanandosi dalla dorsale stessa;
  • le rocce più giovani sulla cresta della dorsale presentano sempre una polarità normale;
  • le bande di rocce, parallele alla crosta della dorsale, presentano polarità alternata, suggerendo che il campo magnetico terrestre si è invertito molte volte.
Spiegando sia "il pattern zebrato" sia la formazione del sistema di dorsali oceaniche, l’ipotesi dell’espansione dei fondali convertì i pensieri, rappresentò un altro passo avanti nello sviluppo della tettonica a placche e favorì l’idea della crosta oceanica come "registratore naturale" della storia delle inversioni del campo magnetico terrestre.
L’idea della crosta creata continuamente lungo le dorsali riscontrò il parere favorevole di alcuni scienziati i quali sostenevano che lo spostamento dei continenti potesse essere semplicemente spiegato con l’ingrandimento graduale della Terra dai tempi della sua formazione; tuttavia questa ipotesi definita "espansione della Terra" non era soddisfacente per la maggior parte, in quanto risultava carente di prove che confermassero una così grande e improvvisa espansione.
La maggior parte dei geologi credeva infatti che la Terra fosse cambiata poco, riguardo alle dimensioni, dall’origine della sua formazione, risalente a 4,6 miliardi di anni fa, adducendo come motivazione il fatto che la formazione di nuova crosta avrebbe prodotto come risultato un accrescimento delle dimensioni della Terra stessa.
Questa questione appassionò particolarmente H. Hess e R. S. Dietz, lo scienziato che per primo coniò il termine "espansione dei fondali".
Hess e Dietz appartenevano a quel piccolo gruppo che aveva compreso a fondo le implicazioni dell’espansione dei fondali e del legame esistente tra tale espansione lungo le dorsali oceaniche ed il "restringimento in qualche altro luogo del Pianeta.
Hess ipotizzò che nuova crosta oceanica si formi ed, allontanandosi continuamente dalle dorsali con un moto simile a quello di un nastro trasportatore, affondi nelle fosse oceaniche, grandi canyons molto profondi situati lungo il margine del bacino dell’Oceano Pacifico.
Tale idea spiegò chiaramente perché la Terra non si accresca con l’espansione dei fondali, perché sia ridotto l’accumulo di sedimenti marini sui fondali e perché le rocce oceaniche abbiano un'età molto più giovane di quelle continentali.

Harry Hammond Hess durante la seconda guerra mondiale
3. IL CONTRIBUTO DI H. HESS

3.1 Biografia
Harry Hammond Hess nacque a New York City il 24 Maggio 1906.
Sebbene fosse entrato all’Università di Yale come specializzando in ingegneria elettrica nel 1923, dopo due anni prese la specializzazione in geologia, laureandosi nel 1927.
Dopo i suoi studi a Yale, Hess lavorò come geologo esploratore in Rodesia per due anni, insegnò dal 1932 al 1933 all’Università di Rutgers e trascorse un anno come ricercatore associato al laboratorio di geofisica di Washington, prima di entrare all’università di Princeton nel 1934. Qui rimase per il resto della sua carriera, occupando la cattedra del Dipartimento di Geologia dal 1950 al 1966.
Negli anni ’30 partecipò ad alcuni studi sulla gravità sottomarina dell’arco insulare delle Indie Occidentali e più tardi estese questi studi alle Piccole Antille, utilizzando i sottomarini della Marina Militare.
Nel 1941, come ufficiale di riserva, fu chiamato ad un compito operativo a New York City: rilevare il posizionamento dei nemici nel Nord Atlantico. Durante le sue missioni sviluppò un efficace sistema per stimare la posizione dei sottomarini tedeschi ed al fine di ottenere un primo test sull’efficacia del suo programma di rilevamento, partecipò, su sua stessa richiesta, ad una pericolosa missione sulla nave civetta USS Big Horn.
Successivamente, prese parte a quattro importanti sbarchi nel Pacifico come comandante della nave da attacco USS Cape Johnson e utilizzando la strumentazione di bordo, poté scandagliare 100 miglia di profondità che lo condussero alla scoperta di monti marini dalla cima piatta (vecchie isole sommerse) che più tardi chiamò "guyots" in onore di un geografo svizzero Arnold Guyot, fondatore del Dipartimento di Geologia di Princeton.
Dopo la guerra continuò le ricerche dei guyots e delle dorsali oceaniche e con la scoperta, nel 1953, della Great Global Rift, una valle vulcanica che corre lungo le dorsali oceaniche, Hess riconsiderò i dati acquisiti durante la guerra.
Riprese e precisò le intuizioni di un geologo inglese, A. Holmes, che negli anni ‘30 suggerì un meccanismo che potesse spiegare la teoria di Wegener della deriva dei continenti. L'ipotesi prevedeva che correnti di calore nel mantello terrestre avrebbero potuto spingere i continenti l’uno verso l’altro o allontanarli, creando nuova crosta oceanica ed originando catene montuose.
A partire da questa idea, le scoperte di Hess supportarono un'ipotesi che più tardi fu definita "espansione dei fondali oceanici".
Nel 1959, questa idea fu ampiamente diffusa, in modo informale, attraverso un manoscritto che, non portando molte prove a supporto, come era accaduto a Wegener, trovò pochi consensi.
Nel 1962, le sue teorie furono pubblicate in un documento intitolato "History of ocean basins" che divenne uno dei più importanti contributi nello sviluppo della tettonica a placche.
Nel documento, Hess attribuiva all’espansione dei fondali oceanici la causa del movimento dei continenti e proponeva un meccanismo geologico in supporto alla teoria di Wegener riguardo al loro movimento; secondo la sua interpretazione, il magma fuso, da sotto la crosta terrestre, fuoriesce attraverso le zolle nella Great Global Rift, si raffredda a contatto con le acque oceaniche, si espande e spinge le placche dall’altro lato rispetto ad essa; in questo modo il Nord e il Sud America sarebbero spinte verso Ovest ed Eurasia e Africa verso Est.
Hess provò che l’idea base di Wegener era corretta e chiarì il meccanismo che spaccò il "Supercontinente" nei sette che conosciamo: i continenti sono attaccati alle placche e non si muovono indipendentemente da esse, ma con le placche stesse slittano e cambiano posizione e conformazione.
Nel 1962 Hess era ben consapevole che mancava ancora la testimonianza concreta che supportasse la sua ipotesi, così da convincere una più recettiva ma ancora scettica comunità scientifica; la spiegazione dell’anno seguente di Vine-Matthews delle bande magnetiche sul fondo marino e un’ulteriore esplorazione oceanica durante gli anni successivi, finalmente apportarono le conferme al modello dell’espansione dei fondali evidenziato da Hess.
Da quel momento le scoperte di Hess furono largamente accettate dai suoi colleghi scienziati, fu eletto membro dell’American Philosophical Society e dell’American Academy of Arts and Science, fu anche chiamato come consulente all’Accademy’s Space Science Board sugli aspetti scientifici dello sviluppo del programma spaziale nazionale.
Nel 1966 divenne membro straniero dell’Accademia Nazionale dei Lincei di Roma, l’accademia più antica del mondo e divenne il primo scienziato dell’emisfero occidentale a ricevere il Premio Feltrinelli.
La sua morte, dovuta ad un infarto, avvenne il 25 Agosto 1969, a Woods Hole in Massachusetts, mentre presiedeva ad una conferenza della Space Science Board che lui stesso aveva organizzato per riformulare gli obiettivi scientifici dell’esplorazione lunare.
3.2 History of Ocean Basins
In questa sua opera pubblicata nel 1962 in un volume dedicato ad A.F. Buddington sugli studi petrologici, Hess conduce alcune riflessioni sulla costituzione e sulla storia della Terra utilizzando un modello molto elegante e definendo il proprio lavoro un "saggio di geopoesia". La conclusione del suo scritto conferma chiaramente tale affermazione: "In questo capitolo lo scrittore ha tentato di inventare una storia dell'evoluzione per i bacini oceanici. E' difficilmente probabile che tutte le ipotesi fatte siano corrette. Tuttavia sembra che sia stato costruito un quadro utile per testare diversi gruppi di ipotesi relative agli oceani. E' sperabile che il quadro con i relativi aggiustamenti possa fondare le basi per una ipotesi più forte." (HESS H. H., Hystory of Ocean Basins, in Petrological Studies: Buddington Memorial Volume, Geological Society of America, New York 1962, p.618).
In effetti, come è noto, in geologia attenersi ai dati osservati è poco utile, in genere essi si prestano a numerose interpretazioni; in questa scienza come in altre è consentito un certo spazio all'invenzione, i fenomeni geologici avvengono in tempi non comparabili all'arco di una vita umana ed è quindi necessario, da parte degli scienziati, l'utilizzo di regole inferenziali che permettano di dedurre in quale modo siano avvenuti certi fenomeni dei quali oggi si vedono gli effetti.
Nel testo di Hess è possibile evidenziare alcuni punti, riconducibili alla teoria della tettonica a placche:
  • La terra si è formata 4,5 miliardi di anni fa dall'aggregazione di particelle. Immediatamente dopo la sua formazione, a causa del calore rilasciato da isotopi radioattivi a vita breve, la Terra cominciò a fondersi parzialmente; questo avvenimento è definito "la grande catastrofe". Si formò così una grande cella convettiva che diede origine ad un nucleo di ferro e nichel e, con l'estrusione dai lembi superiori della corrente convettiva di materiale contenente grandi quantità di silicati, si formò il continente primordiale che costituiva il 50% della crosta continentale odierna.
  • La superficie terrestre appare strutturata in due livelli topografici diversi: il fondale oceanico situato circa 5 Km sotto il livello marino, e la superficie continentale a centinaia di metri sopra tale livello. La crosta risulta avere uno spessore di 6 Km circa sotto il mare profondo (crosta oceanica) e 34 Km sotto i continenti (crosta continentale).
  • Hess riconosce 4 "livelli sismici", costituenti la crosta oceanica, in cui si riscontrano diverse velocità delle onde sismiche e considera lo strato sotto i sedimenti marini (strato 3) costituito da serpentino; esso è il risultato dell'idratazione dell'olivina a una temperatura di 500°C. L'acqua proveniente dal mantello idrata l'olivina e la trasforma in serpentino. L'isograda di 500°C è responsabile dell'uniformità dello spessore di tale strato, riscontrata da numerose analisi sismiche.
  • Le dorsali oceaniche sono i più grandi lineamenti topografici della superficie terrestre, ma sono effimere. Le loro creste, che tracciano delle linee mediane negli oceani, presentano un sottile strato di sedimenti ed una intensa quanto anomala emissione di calore. La crosta terrestre si espande ad angolo retto dalle creste delle dorsali oceaniche. L'esistenza di celle convettive nel mantello spiega e connette molti fatti della geologia. Dai dati paleomagnetici risultava che i continenti si sono mossi in modo significativo in un passato geologico relativamente recente. Questo viene spiegato in modo semplice con porzioni di superficie terrestre che vengono trasportate passivamente dalle celle convettive del mantello. Le dorsali sono situate in corrispondenza delle correnti convettive ascendenti delle celle. I continenti non avanzano nella crosta oceanica trasportati da forze sconosciute, ma si spostano passivamente su materiale mantellico che arriva in superficie in corrispondenza delle creste della dorsale e poi si sposta lateralmente allontanandosi da essa. In questo modo le creste delle dorsali dovrebbero avere dei depositi di sedimenti di età recente. Quando la crosta oceanica giunge in prossimità delle correnti discendenti della cella convettiva, si deforma, si riscalda e l’acqua di origine mantellica, che aveva idratato l’olivina trasformandola in serpentino (strato 3), viene rilasciata andando a far parte dell’oceano.
  • Una vecchia dorsale trans-Pacifica, che si estendeva dalle Marianne al Cile, iniziò a scomparire 100 milioni di anni fa. Le sue tracce oggi sono evidenziate solo da una striscia di atolli e guyot e a tutt’oggi non sono state ritrovate altre indicazioni di dorsali oceaniche più antiche.

4. ESPLORAZIONI FAMOSE E RECENTI SVILUPPI


Nel 1957, un gruppo di ricercatori degli Stati Uniti propose, al proprio governo, la realizzazione di un progetto riguardante il raggiungimento del mantello con una perforazione che, attraversando la porzione di crosta terrestre meno spessa, ovvero quella oceanica, si spingesse fin al di sotto della discontinuità di Mohorovicic. Questo progetto, denominato Mohole (buco nella Moho), appariva molto ambizioso, in quanto la crosta terrestre più sottile ha comunque uno spessore di almeno 5 km e si trova sotto molti km d'acqua.
Il progetto, nonostante numerose difficoltà, partì e, nel 1961, iniziò il viaggio alla scoperta dell'interno della Terra. Una chiatta della marina militare americana, opportunamente adattata, venne rimorchiata fino in prossimità dell'Isola Guadalupe, al largo della California.
Dal fondo della chiatta, su cui si alzava una torre di servizio, analoga a quella per la trivellazione petrolifera, venne calata una colonna di aste di perforazione che raggiunse il fondo del mare a oltre 3500 m di profondità, dove iniziò a perforare lo strato di sedimenti; dopo aver attraversato circa 200m di rocce tenere, la testa di perforazione, su cui era montata una corona circolare diamantata, incontrò una roccia molto resistente che risultò essere basalto.
Nonostante questo avvio, il progetto Mohole non riuscì a decollare pienamente. Numerosi e gravi errori di valutazione e di organizzazione dell'impresa, insieme a crescenti difficoltà di intesa tra scienziati e politici, in un periodo in cui le imprese spaziali focalizzavano gli interessi e le risorse, portarono il Governo americano, nel 1966, a cancellare il progetto.
A seguito di questo fiasco gli scienziati si orientarono verso una filosofia diversa che preferiva ad una sola perforazione in mare profondo, più perforazioni in siti differenti.
Protagonista di questa fase fu la Glomar Challenger, una nave rivoluzionaria, appositamente realizzata per perforazioni in mari profondi. Commissionata nel 1967 da un consorzio di istituti oceanografici degli Stati Uniti (non più, quindi, un progetto finanziato dal governo), questa nave ha una torre di perforazione alta 47 metri che le consente di calare sul fondo e far ruotare una colonna di aste lunga oltre 6000 m; in modo da penetrare nelle rocce del fondo per centinaia di metri, sotto migliaia di metri d'acqua e recuperare campioni di roccia sotto forma di cilindri (carote).
La parte più importante della Glomar Challenger è il sistema di posizionamento, che la mantiene stabile sul punto in cui sta effettuando la perforazione. Un elaboratore elettronico opportunamente programmato riceve in continuità dei dati sui venti e le correnti e comanda l'intervento dell'elica principale e di quelle ausiliarie, laterali, che mantengono la nave quasi ferma.
Dal 1968 al 1983, nell'ambito del Deep Sea Drilling Project ( DSDP, progetto perforazioni in mari profondi), la Glomar Challenger ha percorso oltre 600.000 km, e durante un campionamento in 10 siti differenti lungo una dorsale oceanica tra il Sud America e l'Africa fu fatta un'importante scoperta.
Le carote recuperate diedero la prova definitiva della deriva dei continenti e del rinnovo dei fondali nelle zone delle rift. Questa conferma della teoria di Alfred Wegener rafforzò la proposta di un'unica antica massa di terra, che viene chiamata Pangea e l’idea dell’età relativamente giovane del pavimento oceanico in confronto alla storia geologica della Terra.
Dopo analisi di campioni, gli scienziati conclusero che il pavimento oceanico probabilmente non è più vecchio di 200 milioni di anni, rispetto ai 4.5 miliardi di anni della nostra Terra.
Il Glomar Challenger terminò le sue imprese in collaborazione con il DSDP nel novembre del 1983; parti della nave, come il suo sistema di posizionamento dinamico, sono conservati al Smithsonian Institution.
Il primo successo del DSDP ha portato, nel 1983, alla formulazione di un nuovo progetto di ricerca, l'Ocean Drilling Project (ODP, programma di perforazioni oceaniche), nato da una collaborazione internazionale tra studiosi ed enti di ricerca, interessati alla storia ed alla struttura della crosta terrestre ricoperta dai mari.
Il complesso programma è divenuto operativo nel 1985 e prevede l'utilizzo di una nuova nave oceanografica, la Joides Resolution, ottenuta dalla ristrutturazione di una nave per ricerche petrolifere. La J-R, come viene comunemente chiamata, nei confronti della "vecchia" Glomar Challenger offre maggiori velocità e manovrabilità, il suo sistema di posizionamento sfrutta i segnali di satelliti artificiali e consente localizzazioni più accurate del punto.
Ormai le perforazioni in mari profondi non sono più un problema; la nuova politica di progettazione e finanziamento di complessi programmi di ricerca, attraverso organismi che prevedono la partecipazione di enti e studiosi di ogni paese interessato, le nuove tecniche di perforazione e campionamento, e la disponibilità di personale che ha maturato specifiche esperienze, consentono di guardare a obiettivi molto ambiziosi.
BIBLIOGRAFIA

HESS H. H., Hystory of Ocean Basins, in Petrological Studies: Buddington Memorial Volume, Geological Society of America, New York 1962, pp. 599-620.

ACCORDI B e LUPIA PALMIERI E., Il globo terrestre e la sua evoluzione, Zanichelli, Bologna 1991, pp.187-189.

Siti Internet consultati
http://master.ph.utexas.edu/vicki/studW2.htm
: i
n questo sito si trova una proposta su come affrontare il concetto di tettonica a placche; diviso in: "guida per il docente" e "quaderno di esercizi" per i ragazzi. Molto utile per attingere spunti per la costruzione di un’unità didattica.
http://pubs.usgs.gov/publications/text/HHH.html : contiene la pubblicazione on-line di un testo che tratta la dinamica terrestre in cui è reperibile la biografia di Hess.
www.pbs.org/wgbh/aso/databank/entries/bohess.html : sito intitolato A Science Odissey; una sorta di enciclopedia scientifica in cui al link People and discoveries si trova un databank di biografie di scienziati e descrizioni di eventi chiave e scoperte.
www.agu.org/inside/awards/hess2.html : sito dell’AGU (American Geophisical Union), società scientifica che si propone di far comprendere la Terra ed il suo sviluppo. E’ possibile reperire la biografia di Hess.
http://mondrian.princeton.edu/CampusWWW/Companion/hess_harry.html : sito della Princeton University in cui è possibile trovare biografie di personaggi che hanno frequentato questa università.
www.uky.edu/ArtsSciences/Geology/webdogs/plates/reconstructions.html : sito ricco di figure, animazioni ed altro riguardanti la tettonica a placche
http://www.regione.umbria.it/cridea/ambiente@scuola/suo_sel/morf.htm
Sito divulgativo riguardante principalmente il legame tra la morfologia interna della Terra e le dinamiche superficiali. Ricco di illustrazioni anche se non risulta ottima la grafica.
Si trova una sintesi dell'evoluzione della teoria della deriva dei continenti di Wegener sino alla teoria della tettonica delle placche e molte informazioni relative alla sismologia.
http://www.ingrm.it/geomag/paleomag/tetto.htm
Sito interessante per quanto riguarda la stretta relazione tra il paleomagnetismo e gli studi tettonici e geodinamici. Degna di attenzione l'illustrazione che rappresenta il rapporto tra magnetizzazione naturale e rotazione/traslazione longitudinale di blocchi crostali e litosferici.
http://www.cs.cnr.it/rcs/catalogo/C35.html
Con Quick Time è possibile vedere il trailer del film: "Continenti alla deriva", che fa parte di una collana di Home Video ideati per la rivista scientifica "Le Scienze".
http://www.freeweb.org/volontariato/hpa/placche.htm
Si segnala la presenza di un'immagine chiara e dettagliata delle dodici placche individuate dalla teoria della tettonica delle placche e delle principali tipologie di limiti tra esse (convergenti, divergenti e di placche trasformi). Cliccando sulle icone è possibile avere approfondimenti.
http://www.geocities.com/Athens/Ithaca/2788/deriva.htm
Sito da segnalare soprattutto per le immagini relative al movimento dei continenti dalla Pangea ai giorni nostri.
Utile anche la sintesi che accompagna le figure, riguardante i punti forti e quelli deboli della teoria di Alfred Wegener.
http://vulcan.fis.uniroma3.it/lisetta/adamello/adamellotext.html
Il sito ripercorre brevemente tutta la storia geologica della Terra, partendo dalla Pangea sino alle fasi geologiche più recenti.

Quali forze spingono i continenti
a muoversi?

Le correnti convettive
Fu lo scienziato inglese Arthur Holmes ad ipotizzare, nel 1928, la moderna spiegazione dello spostamento dei continenti, delle placche e degli oceani. La sua teoria presupponeva che le rocce semifluide che costituiscono l'astenosfera - il mantello interno della Terra - fossero continuamente rimescolate da correnti convettive del tutto analoghe a quelle che si originano portando a ebollizione una pentola d'acqua. L'acqua che si trova a contatto con il fondo della pentola, scaldandosi, si dilata e diviene più leggera dell'acqua che le sta sopra. Per il principio di Archimede, la parte di acqua più calda e leggera tende a risalire a spese della parte più pesante e fredda, dando così origine a una corrente convettiva ascendente. Lo spazio lasciato libero dall'acqua che risale, a sua volta, viene occupato dall'acqua più fredda e pesante che scende lungo le pareti della pentola, determinando una corrente convettiva discendente.
Il motore che provoca la deriva dei continenti è del tutto simile. Le rocce che si trovano alla base del mantello sono a contatto con il nucleo, che raggiunge temperature di oltre 4.000° C, e vengono perciò riscaldate notevolmente rispetto alle rocce che si trovano nella parte esterna. In questo modo si innescato il meccanismo delle cosiddette celle di convezione termica: quando una corrente convettiva ascendente arriva alla superficie terrestre, porta con sé materiale caldo e leggero, il magma. Una volta divenuto freddo e pesante questo materiale dovrà necessariamente affondare nuovamente nel mantello. Questo continuo rimescolamento endogeno, in superficie determina il progressivo spostamento delle zolle, che con il passere del tempo ha modificato completamente la forma e la struttura esterna del nostro pianeta.

Copyright (C) 2000 Linguaggio Globale - Zopper di Antonio Zoppetti - Opera tratta dal cd-rom Conoscere il pianeta Terra, Linguaggio Globale, (C) 1998.
Come si sono formati i continenti?


La Terra 200 milioni di anni fa

La teoria della deriva dei continenti deve la sua compiuta formulazione ad Alfred Wegener che aveva notato già nel 1911 le sorprendenti analogie tra i fossili rinvenuti in due continenti molto lontani fra loro: l'America meridionale e l'Africa occidentale. Come altri scienziati prima di lui, colpito dalla straordinaria corrispondenza della costa orientale dell'America del sud con quella occidentale dell'Africa, ha raccolto una serie di prove e di elementi formulando la teoria secondo la quale i continenti si muovono. In seguito le idee di Wegener vennero confermate e ampliate all'interno della moderna teoria della tettonica a zolle. Secondo la teoria della deriva dei continenti, circa 200 milioni di anni fa, esisteva un solo enorme continente (Pangea), che emergeva dalle acque di un unico immenso oceano (Panthalassa). Il protocontinente, successivamente, si sarebbe spezzato in due parti, Laurasia e Gondwana. Queste, a loro volta, si sarebbero suddivise originando i nuclei degli attuali continenti.
Probabilmente la stessa Pangea è nata da movimenti della crosta terrestre ancora più antichi.
Le formazioni continentali si sono allontanate e ravvicinate periodicamente più volte e continueranno a farlo in futuro. Il loro spostamento avviene galleggiando proprio come delle "zattere" su di un "mare", costituito dalle rocce semifuse del mantello (astenosfera).


Copyright (C) 2000 Linguaggio Globale - Zopper di Antonio Zoppetti - Opera tratta dal cd-rom Conoscere il pianeta Terra, Linguaggio Globale, (C) 1998.

100 domande sul pianeta Terra
| Il pianeta | L'atmosfera | Dentro la Terra | La superficie | Misurare la Terra |

Su quali elementi si basa la teoria
della deriva dei continenti?


La corrispondenza di Africa e Sudamerica

Lo scienziato tedesco Alfred Wegener ha potuto dimostrare la deriva dei continenti attraverso prove paleontologiche, geologiche e climatiche.
Wegener era un professore di meteorologia che cominciò ad interessarsi alla deriva dei continenti quasi per caso. Gli capitò di leggere un trattato che elencava le numerose analogie fra i fossili dell'America meridionale e quelli dell'Africa occidentale. Da allora accumulò una serie di prove a sostegno della sua teoria che in seguito fu confermata e integrata all'interno della teoria della tettonica a zolle.
Una prima testimonianza gli venne dal ritrovamento di fossili uguali in regioni oggi lontanissime come per esempio il Mesosaurus, un piccolo rettile vissuto circa 270 milioni di anni fa. I resti fossilizzati di questo animale sono stati rinvenuti sia in Africa che in Brasile. Questo fa pensare che all'epoca del Mesosaurus, Africa e America fossero unite. Conclusioni analoghe si ottengono studiando la distribuzione dei fossili di altri animali e piante come le felci del genere Glossopteris, distribuite in tutto il Gondwana nel tardo Paleozoico.
Ma la deriva dei continenti viene avvalorata anche da prove paleoclimatiche che si basano sulla convinzione che nelle ere passate la distribuzione delle fasce climatiche fosse analoga a quella attuale. In questo senso sono stati significativi gli studi compiuti sulle tilliti, trovate in Africa, India e Australia. La storia di queste rocce testimonia che queste regioni un tempo erano ricoperte dai ghiacci, il che si può spiegare supponendo che questi paesi erano un tempo posti in fasce climatiche fredde, molto diverse da quelle attuali.
Infine è interessante soffermarsi sulle corrispondenze geologiche. Infatti, riaccostando l'Africa e il Sudamerica, si può osservare che i ripiegamenti e le faglie proseguono da un continente all'altro e che analogamente le pieghe dell'Africa nord-occidentale continuano negli Appalachi canadesi.
100 domande sul pianeta Terra
| Il pianeta | L'atmosfera | Dentro la Terra | La superficie | Misurare la Terra |

Cosa sono l'Artide e l'Antartide?


Isole artiche

L'Artide è l'insieme di terre e di mari che si trovano nell'emisfero boreale all'interno del circolo polare a una latitudine di 66° 33' N. Il circolo polare artico è il parallelo che delimita la zona che, nel giorno del solstizio d'estate (21 giugno), risulta completamente illuminata dal Sole e, nel giorno del solstizio d'inverno (21 dicembre), rimane completamente in ombra.
L'Artide è costituita per lo più da un mare, il Mar Glaciale Artico, ove si trova il Polo Nord geografico. L'isola più grande di questo mare è la Groenlandia che è anche l'isola più vasta del mondo (l'Australia viene infatti considerata un continente e non un'isola) e dalle sue coste si staccano la maggior parte degli iceberg.
La regione artica è una delle zone climatiche della Terra. Il clima artico è rigidissimo, la temperatura può scendere fino a -70° C e le precipitazioni sono molto scarse, per lo più sotto forma di neve.
L'Antartide, invece, è un vero e proprio continente, staccatosi dalla Pangea milioni di anni fa. Oggi la sua superficie supera quella dell'Europa. È situata quasi totalmente all'interno del circolo polare antartico, il parallelo che delimita la zona intorno al Polo Sud, la quale è in ombra in corrispondenza del solstizio d'estate e completamente illuminata nel solstizio d'inverno. La maggior parte dell'area dell'Antartide è coperta da una spessa calotta di ghiaccio che si protende anche sul mare formando gli iceberg. Il clima è forse ancora più freddo di quello artico, si sono registrate temperature fino a -90° C, e le precipitazioni sono molto rare. In questa regione sono presenti numerosi vulcani e giacimenti di petrolio. Se escludiamo i pochi studiosi che vivono nelle stazioni di ricerca scientifica, l'Antartide è completamente disabitato.

100 domande sul pianeta Terra
| Il pianeta | L'atmosfera | Dentro la Terra | La superficie | Misurare la Terra |

100 domande sul pianeta Terra
| Il pianeta | L'atmosfera | Dentro la Terra | La superficie | Misurare la Terra |

Cos'è un geyser?


Un geyser

I geyser sono manifestazioni vulcaniche secondarie. Si tratta di sorgenti in grado di alzare colonne d'acqua calda a intervalli solitamente regolari. Come i vulcani, devono la loro esistenza ai bacini di magma presenti nella litosfera.
La nascita di un geyser ha inizio quando l'acqua piovana filtra nel terreno e finisce in una regione del sottosuolo ricca di rocce di tipo poroso dove si raccoglie. Se le rocce circostanti sono riscaldate da un bacino magmatico, quest'acqua non giunge ad ebollizione - lo impedisce la forte pressione - ma viene spinta verso l'alto e si concentra in sacche più vicine alla superficie. Qui la temperatura inizia ad aumentare e la parte di acqua che è sul fondo della sacca si trasforma in vapore. Salendo verso la superficie il vapore riesce a portare con sé acqua ancora liquida, in un getto caldo. I geyser più noti si trovano in Islanda e nel parco naturale di Yellowstone, negli Stati Uniti.


Copyright (C) 2000 Linguaggio Globale - Zopper di Antonio Zoppetti - Opera tratta dal cd-rom Conoscere il pianeta Terra, Linguaggio Globale, (C) 1998.

Cosa sono le zone climatiche?


Zona temperata

Le zone climatiche sono cinque grandi fasce che schematizzano la distribuzione del clima sulla superficie della Terra. Tale distribuzione dipende dalle variazioni di illuminazione subite dalle varie parti del globo. Le località colpite da raggi solari poco inclinati ricevono molta luce e molto calore, quelle colpite da raggi maggiormente inclinati sono invece più fredde. Ciò è una diretta conseguenza dell'azione combinata del moto di rivoluzione terrestre e dell'inclinazione dell'asse di rotazione rispetto al piano dell'eclittica.
Le fasce climatiche sono limitate da quattro paralleli particolari: i due circoli polari artico e antartico, il tropico del Cancro e quello del Capricorno.
Il circolo polare artico è il parallelo che delimita la zona intorno al Polo Nord (zona polare artica). Nel giorno del solstizio d'estate (21 giugno) questa zona risulta illuminata dal Sole per 24 ore. Viceversa nel giorno del solstizio d'inverno (21 dicembre) rimane in ombra.
Il circolo polare antartico è invece il parallelo che delimita la zona intorno al Polo Sud (zona polare antartica). Questa regione è illuminata in maniera esattamente opposta: è in ombra al solstizio d'estate e illuminata al solstizio d'inverno.
Il tropico del Cancro (latitudine 23° 27' N) e il tropico del Capricorno (latitudine 23° 27' S) sono i paralleli che passano per i punti che, rispettivamente nei giorni del solstizio d'estate e del solstizio d'inverno, ricevono i raggi del Sole perpendicolarmente. I due tropici delimitano una fascia, chiamata zona torrida, che si trova intorno all'equatore e che riceve i raggi solari più caldi. È la regione dove si trovano i deserti. Le fasce comprese fra i circoli polari e i due tropici sono invece le zone temperate.

100 domande sul pianeta Terra
| Il pianeta | L'atmosfera | Dentro la Terra | La superficie | Misurare la Terra |

Cos'è la crosta terrestre?


Suggestivo paesaggio roccioso

La crosta è lo strato più esterno della struttura del nostro pianeta. Il suo spessore varia tra i 20 e i 90 chilometri in corrispondenza dei continenti, e tra i 5 e i 12 chilometri in corrispondenza degli oceani. Ha una densità media di circa 2,7 kg/dm3. La temperatura si alza di circa 3° C ogni 100 metri di profondità.
La crosta è composta da rocce solide, con prevalenza di silicati e alluminio (Sial) o silicati e magnesio (Sima). La crosta continentale è di tipo granitico, più chiara, poco densa. Quella oceanica, più sottile, è di tipo basaltico, molto densa, coperta da uno strato di sedimenti di circa mezzo chilometro. La crosta, assieme alle regioni superiori del mantello, costituisce la litosfera, lo strato rigido del pianeta.
Studiando i terremoti si è potuto constatare che le onde sismiche, passando da uno strato all'altro, subiscono una deviazione. Questo significa che tra uno strato e l'altro ci sono zone di discontinuità, che causano la rifrazione dell'onda sismica. La zona di discontinuità che separa la crosta dallo strato sottostante, il mantello, è quella di Mohorovicic (o più brevemente Moho). Nel 1909 il sismologo Andrija Mohorovich, studiando i sismogrammi relativi a un terremoto avvenuto in Croazia in quell'anno, scoprì che, a circa 60 km di profondità, la velocità delle onde sismiche aumentava improvvisamente. Ciò indicava un brusco cambiamento delle proprietà fisiche delle rocce. All'interno della crosta è presente anche una discontinuità secondaria, chiamata discontinuità di Conrad.

100 domande sul pianeta Terra
| Il pianeta | L'atmosfera | Dentro la Terra | La superficie | Misurare la Terra |

Cos'è la litosfera?


Formazioni rocciose

La litosfera è l'involucro rigido della Terra. Costituita per lo più da rocce, ha uno spessore medio di un centinaio di chilometri ed è composta dalla crosta e dalla parte superiore, solida, del mantello. La parte sottostante del mantello (astenosfera), invece, è parzialmente fusa e rimescolata da moti convettivi.
La litosfera è suddivisa in una ventina di grandi blocchi chiamati placche, o zolle. Questi vengono trascinati in direzioni diverse, dai moti convettivi dell'astenosfera. I confini tra le placche si presentano con differenti caratteristiche: dove le placche si allontanano l'una dall'altra, cioè dove scorrono in direzioni opposte, il limite è costituito da una dorsale oceanica. Se invece due placche si avvicinano l'una all'altra, una delle due sprofonda al di sotto dell'altra, nel mantello, e il limite assume l'aspetto di una fossa oceanica. Quando due zolle si avvicinano sovrapponendosi l'una all'altra, senza che nessuna delle due sprofondi, il confine sarà costituito da una catena montuosa. Infine, dove due zolle scorrono l'una contro l'altra, il limite sarà costituito da un complesso sistema di spaccature chiamate faglie trasformi.
Ai movimenti delle placche litosferiche sono legati i principali fenomeni geologici, cioè la nascita, l'espansione e la scomparsa degli oceani, la deriva dei continenti, la formazione delle catene montuose, l'attività vulcanica e i terremoti.

100 domande sul pianeta Terra
| Il pianeta | L'atmosfera | Dentro la Terra | La superficie | Misurare la Terra |

In quali regioni della Terra
si trovano i vulcani?


Vulcano nell'isola Adonara

Secondo la teoria della tettonica a zolle la parte rigida e esterna della Terra, la litosfera, è composta da placche (o zolle) che si muovono molto lentamente. Alcune placche trasportano i continenti, altre stanno sotto l'acqua degli oceani. Quando due zolle si scontrano, il margine di una delle due può sprofondare nel mantello, causando movimenti di magma e quindi fenomeni vulcanici e terremoti. Questo accade in zone dette di subduzione. Collisioni di questo tipo si verificano nelle regioni affacciate sull'Oceano Pacifico: le coste orientali delle due Americhe, il Giappone, la Kamchatka sono disseminate da vulcani. Anche l'Indonesia, ricchissima di vulcani, si trova al confine tra due zolle. Attualmente i vulcani attivi sulle terre emerse sono circa 600: di questi, un centinaio si trovano in Indonesia.
Vi sono inoltre le dorsali oceaniche, catene montuose di vulcani sottomarini. Si snodano per 6.500 chilometri sotto gli oceani e rappresentano il margine tra due zolle che si allontanano. L'Islanda è una parte di dorsale oceanica che emerge sopra il mare. Ospita infatti numerosi vulcani e geyser. Tra le zone dove si registra un'intensa attività vulcanica ricordiamo anche le Canarie, l'Africa Orientale, le Hawaii e l'Antartide.

100 domande sul pianeta Terra
| Il pianeta | L'atmosfera | Dentro la Terra | La superficie | Misurare la Terra |

Come funzionano i vulcani?


Le nubi sprigionate da un'eruzione

I vulcani esistono sin dalle origini della Terra; i gas da loro liberati hanno contribuito a produrre la primitiva atmosfera del nostro pianeta. Le eruzioni di materiali liquidi e solidi hanno permesso la formazione della crosta solida e della maggior parte delle rocce. L'attività vulcanica può spesso causare terremoti e ha un ruolo importante anche nello spostamento delle placche secondo la teoria della tettonica a zolle.
Un vulcano è una spaccatura nella litosfera da cui fuoriesce del magma: i materiali magmatici salgono dal profondo bacino ove si sono accumulati, passano attraverso un condotto verticale - una sorta di camino che li mette in comunicazione con la superficie - e infine sboccano all'aperto dove liberano gas e vapori e si trasformano in lava. Il materiale eruttato si raffredda e lentamente giunge a costituire l'edificio vulcanico. Quest'ultimo si sviluppa in uno o più condotti interni con uno o più crateri (o caldere).
L'eruzione può manifestarsi con caratteristiche diverse. Il vulcano può per esempio emettere lava attraverso fenditure aperte sui fianchi dell'edificio (eruzione hawaiiana). Oppure può emettere anche nubi di vapore acqueo se il magma, nella risalita del condotto, incontra una falda acquifera (eruzione freatica). Può lanciare vere bombe di roccia fusa, con esplosioni dovuti a gas imprigionati da un magma troppo denso (eruzione stromboliana). Se le esplosioni si verificano molto in profondità il condotto funge da cannone che spara materiale con grande violenza. Il fenomeno viene chiamato eruzione pliniana, così detta perché di questo tipo fu l'eruzione del Vesuvio, nel 79 d. C., durante la quale perse appunto la vita Plinio il Vecchio. L'eruzione, altre volte, può emettere una nuvola incandescente di gas, cenere, frammenti rocciosi (nube ardente). Oltre ai suddetti materiali il vulcano può eruttare anche pomici, lapilli, polveri e diversi composti aeriformi.
Tra le attività vulcaniche bisogna infine ricordare i vulcani sottomarini e i geyser, manifestazioni vulcaniche secondarie che producono emissioni di colonne d'acqua calda.

100 domande sul pianeta Terra
| Il pianeta | L'atmosfera | Dentro la Terra | La superficie | Misurare la Terra |

Cos'è il magma?


Un'eruzione vulcanica

Il magma è la massa di roccia fusa, a un'altissima temperatura, che si trova all'interno della Terra. Costituisce lo strato fluido del mantello (astenosfera), ma è presente anche raccolto in bacini negli strati superiori, più rigidi (litosfera). Può fuoriuscire attraverso fenditure nella crosta, liberando gas e vapori nell'aria e trasformandosi in lava.
Il magma che giunge a solidificarsi dà luogo alle rocce eruttive (o ignee). Se si consolida all'esterno genera rocce effusive, come il basalto, se invece resta nelle regioni più o meno profonde della litosfera, quando si raffredda origina le rocce intrusive, come ad esempio il granito.
La composizione del magma è piuttosto complessa: si tratta di una soluzione di silicati che contiene alluminio, magnesio, ferro, sodio, potassio, calcio e diversi gas.
La maggior parte delle rocce della litosfera ha origine magmatica: solo il 5 % di esse si è formato in modo differente, come le rocce sedimentarie e quelle metamorfiche. Poiché le rocce magmatiche affiorano molto raramente, tuttavia, sono le rocce sedimentarie a prevalere sulla superficie terrestre.

100 domande sul pianeta Terra
| Il pianeta | L'atmosfera | Dentro la Terra | La superficie | Misurare la Terra |

Cos'è la crosta terrestre?


Suggestivo paesaggio roccioso

La crosta è lo strato più esterno della struttura del nostro pianeta. Il suo spessore varia tra i 20 e i 90 chilometri in corrispondenza dei continenti, e tra i 5 e i 12 chilometri in corrispondenza degli oceani. Ha una densità media di circa 2,7 kg/dm3. La temperatura si alza di circa 3° C ogni 100 metri di profondità.
La crosta è composta da rocce solide, con prevalenza di silicati e alluminio (Sial) o silicati e magnesio (Sima). La crosta continentale è di tipo granitico, più chiara, poco densa. Quella oceanica, più sottile, è di tipo basaltico, molto densa, coperta da uno strato di sedimenti di circa mezzo chilometro. La crosta, assieme alle regioni superiori del mantello, costituisce la litosfera, lo strato rigido del pianeta.
Studiando i terremoti si è potuto constatare che le onde sismiche, passando da uno strato all'altro, subiscono una deviazione. Questo significa che tra uno strato e l'altro ci sono zone di discontinuità, che causano la rifrazione dell'onda sismica. La zona di discontinuità che separa la crosta dallo strato sottostante, il mantello, è quella di Mohorovicic (o più brevemente Moho). Nel 1909 il sismologo Andrija Mohorovich, studiando i sismogrammi relativi a un terremoto avvenuto in Croazia in quell'anno, scoprì che, a circa 60 km di profondità, la velocità delle onde sismiche aumentava improvvisamente. Ciò indicava un brusco cambiamento delle proprietà fisiche delle rocce. All'interno della crosta è presente anche una discontinuità secondaria, chiamata discontinuità di Conrad.


Copyright (C) 2000 Linguaggio Globale - Zopper di Antonio Zoppetti - Opera tratta dal cd-rom Conoscere il pianeta Terra, Linguaggio Globale, (C) 1998.

Copyright (C) 2000 Linguaggio Globale - Zopper di Antonio Zoppetti - Opera tratta dal cd-rom Conoscere il pianeta Terra, Linguaggio Globale, (C) 1998.

Copyright (C) 2000 Linguaggio Globale - Zopper di Antonio Zoppetti - Opera tratta dal cd-rom Conoscere il pianeta Terra, Linguaggio Globale, (C) 1998.

Copyright (C) 2000 Linguaggio Globale - Zopper di Antonio Zoppetti - Opera tratta dal cd-rom Conoscere il pianeta Terra, Linguaggio Globale, (C) 1998.

Copyright (C) 2000 Linguaggio Globale - Zopper di Antonio Zoppetti - Opera tratta dal cd-rom Conoscere il pianeta Terra, Linguaggio Globale, (C) 1998.

Copyright (C) 2000 Linguaggio Globale - Zopper di Antonio Zoppetti - Opera tratta dal cd-rom Conoscere il pianeta Terra, Linguaggio Globale, (C) 1998.

Copyright (C) 2000 Linguaggio Globale - Zopper di Antonio Zoppetti - Opera tratta dal cd-rom Conoscere il pianeta Terra, Linguaggio Globale, (C) 1998.


Copyright (C) 2000 Linguaggio Globale - Zopper di Antonio Zoppetti - Opera tratta dal cd-rom Conoscere il pianeta Terra, Linguaggio Globale, (C) 1998.

Nessun commento:

Posta un commento