martedì 30 aprile 2013

lettera di tiberio damiani, redattore della rubrica "medicina" per africanpeople review
 
ciao emanuela e grazie ancora per l'invito.

mi dispiace di essere arrivato tardi ma venivo da un convegno all'istituto di sanità e sono un po' disabituato ai tempi di roma, ormai... 


alcune riflessioni sulla giornata mi sono venute in mente mentre rientravo a casa ed ora te le comunico, la prima riguarda il mio pessimo inglese, considerando che so leggere i testi di medicina, avendo studiato francese in epoche remote.


la seconda riflessione riguarda la possibilità di chiedere ai corrispondenti in lingua araba se possono tradurre alcuni articoli in arabo, ciò consntirebbe di raggiungere un maggior numero di lettori. ho chiesto ad Alima, l'amica senegalese di mia moglie se conosceva qualcuno che potesse tradurre in arabo, ma ho visto oggi che ci sono due giornalisti, quindi sarebbe ancora meglio. (a proposito, pensi che le traduzioni nelle lingue del senegal e del mali possano essere utili per altre occasioni?).

 quando sono stato al congresso di milano su psichiatria e riabilitazione parlavo con una dirigente del ministero della sanità del marocco e mi diceva che manca completamente ogni programma di collaborazione che permetta a medici infermieri operatori sociali e sanitari... di apprendere con tirocini pratici il lavoro psichiatrico sul territorio, che invece sappiamo fare bene almeno dal 1978 in poi. gli stessi articoli scientifici, sia in inglese sia in francese, rendono meno di quanto possa fare una traduzione in arabo (anche se non so proprio se questa linga cambi o resti uguale dal senegal fino all'asia...).


la terza riflessione è collegata alla seconda, tradurre in arabo degli articoli della rivista servirebbe a raggiungere un maggior numero di lettori facilitando la comprensione. allo stesso tempo se si riuscisse a stilare un protocollo che permetta agli studenti (medicina infermieristica servizio sociale...) di trascorrere un periodo in italia durante la loro formazione così da poter imparare il lavoro sanitario e sociale sul territorio (quel che forse in inglese si chiama community -mental- health care) forse si potrebbe contribuire in maniera più fattiva e poco dispendiosa allo sviluppo di una medicina territoriale in africa. (e di pari passo a dare anche un ruolo migliore al nostro paese rispetto a quanto in effetti faccia oggi a livello internazionale).


sempre al congresso di milano sono state presentate le iniziative dell'australia per la formazione specifica di operatori sanitari in alcuni paesi dell'africa orientale e meridionale, mentre lo stesso ancora non accade con operatori che dal brasile vadano in africa, anche se il braisle ha adottato una riforma psichiatrica del tutto sovrapponibile a quella italiana.


se si riuscisse a partire con qualche piccola iniziativa di formazione in italia per studenti africani che vogliano poi lavorare sul territorio, sarebbe una cosa abbastanza economica, non dovendo prevedere l'uso di tecnologie ma solo della parola, cosa fra l'altro non sempre facile anche tra di noi quando consideriamo i dialetti...


ultima cosa che mi viene in mente è sul piano della ricerca. mi piace molto l'idea dello studio genetico dei san, di cui davi notizia oggi se non ho capito male, e mi piacerebbe sapere se esistono studi che crchino di collegare la medicina tradizionale con quella "scientifica" per quanto riguarda il mio settore specifico, che in tutta la medicina è poi il meno scientifico...


appena disponibile ti mando il testo della mostra di fotografie che stiamo organnizzando con le opere di alcuni pazienti che hanno questa professionalità. a questo proposito ti interessa creare un link con un medico coreano che si occupa di arte terapia?


un caro saluto a tuo fratello ed a tutti gli amici di Coromoto!

Tiberio Damiani
 

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