- / Sabato, 12 Gennaio 2013
un giorno a napoli per percorrere le stradine dove si possono ammirare i famosi presepi fino a raggiungere al tramonto in compagnia di fabio il lungomare di napoli ed ecco chi incontro....
Napoli, travestito da vu’ cumprà professore senegalese studia le reazioni degli italiani
NAPOLI – E’ venuto in Italia per studiarci e precisamente a Napoli travestendosi da “vu’ cumprà”. Si tratta di un professore senegalese che poi scriverà un libro. La notizia è apparsa sul sito “Il Mattino” di Napoli che ha pubblicato anche la foto del docente africano, a firma di Pietro Treccagnoli che riportiamo integrale.«I napoletani sono gli africani d’Europa». Non è una boutade di Mario Borghezio e non è neanche un insulto. Anzi, un complimento. Parola di Tigo, nome di battaglia di Mbaye Wagnè, 43 anni (ma ne dimostra molti di meno), faccia da attore, professore di francese al liceo Charles De Gaulle di Saint-Louis, città di 170mila abitanti all’estremo nord del Senegal, in Italia per studiarci, vestendo gli abiti di un vu’cumprà, con tanto di collanine, anelli e bracciali.
Un esperimento che diventerà un libro, finanziato, racconta Tigo-Wagnè, dal ministero dell’Istruzione del suo paese, dove gli hanno concesso un’aspettativa retribuita con la quale mantiene la sua famiglia, moglie e tre figli. A vederlo per strada, tra via Toledo e il Lungomare, è un immigrato come gli altri. E questo vuole sembrare. Fa la vita dei suoi connazionali: abborda i passanti e cerca di piazzare la merce, non per venderla dopo estenuanti trattative (anche se, quando decidete di comprare, accetta di buon grado il denaro), ma per studiare le reazioni degli italiani.
Quando non è «al lavoro», resta chiuso a casa a scrivere. Abita a piazza Garibaldi, con tre coinquilini del Burkina Faso. Il suo italiano è fluente («Mi sono pagato un corso privato»), ma parla francese (naturalmente), inglese e quattro lingue africane: «Conosco persino un po’ di latino». La sua storia, nella giornata dell’emigrazione, ribalta molti luoghi comuni sull’Africa e suoi migranti, e ne conferma altri, per fortuna positivi, su Napoli e i suoi abitanti. «Sono arrivato alla fine di agosto e sono stato prima a Roma» racconta il professor Wagné, in arte Tigo. «Poi da tre mesi sono venuto qui. Con il mio libro descriverò soprattutto come vivono i miei connazionali in Italia. Non voglio fare sociologia astratta, ma documentare storie vere, colte in presa diretta».
I senegalesi sono una comunità molto coesa. Arrivano senza l’intenzione di accasarsi definitavamente: «Si pongono un obiettivo economico preciso. Vogliono guadagnare una somma che gli consenta di intraprendere un’attività nel proprio paese. Raccolto quel denaro, tornano in Africa». Tra di loro c’è una forte solidarietà: «Chi viene in Italia, va a vivere in appartamenti con altri connazionali. Non vedrete mai un senegalese dormire per strada. Per i primi tre mesi il nuovo arrivato è esentato dal pagamento delle quote comuni per affitto, gas, acqua, luce. È una forma di solidarietà». Il rapporto con gli italiani è sempre molto cordiale.
«Siamo gente allegra e soprattutto rispettiamo le leggi del paese che ci ospita». Niente merce contraffatta? «Per nulla. Vendiamo oggetti di artigianato». Le bancarelle di prodotti pezzottati (borse, cinte, occhiali e dvd) sono per lo più di ivoriani, maliani o asiatici. Ora che la crisi economica morde tutti anche per loro gli affari vanno a rotoli. Ma nonostante le leggi restrittive non c’è molta repressione verso i clandestini che non delinquono. Le è capitato di essere fermato? «Sì, ma quando la polizia vede che non ho prodotti falsi non insiste, poi quando mostro i miei documenti e spiego il mio esperimento mi salutano e mi augurano buon lavoro». Pochi problemi anche con il razzismo. «Gli africani, tranne i nigeriani, sono in genere ben voluti» racconta.
«I sospetti si appuntano quasi sempre su arabi e rumeni, che sono accomunati ai rom. Anche gli slavi non hanno molti problemi, sebbene la gente si lamenti dei maschi che sono spesso ubriachi. In giro c’è molta ignoranza che genera intolleranza e ostilità. Una volta un ”cliente” mi chiese da dove venivo. Quando risposi che ero del Senegal, si stupì e disse: ”Ah, pensavo che venivi dall’Africa”».
Gli manca poco per finire il suo libro. «Dai tre ai sei mesi» spiega. «Ma tra poco mi toccherà tornare a casa, perché mi scade il visto. Non sono riuscito ad avere un permesso di soggiorno e non vorrei diventare un clandestino». Ma da quanto che racconta non sarebbe una scelta molto rischiosa. «Quello che sto imparando dal vostro Paese e da Napoli, in particolare, è un senso molto ampio di umanità e di rispetto. Chi si comporta bene non è molestato o infastidito e si è anche disposti a chiudere un occhio sui documenti. È una forma molto speciale di tolleranza, molto italiana. Qui, a parte il freddo di questi giorni, ci sentiamo come a casa».
Forse perché i senegalesi sono i napoletani d’Africa? Tigo ride: «Sarà per questo, certo».
Scritto da Redazione on-line il 19 dicembre 2010. Registrato sotto Cronaca, Cultura, Foto. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Sia i commenti che il pings sono chiusi.
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